venerdì 9 novembre 2007

Una generazione privilegiata?

Circola una leggenda metropolitana circa la mia generazione, quella di coloro i quali, grosso modo, raggiunsero la maggiore età durante i “favolosi” anni ’60 e riuscirono a inserirsi tra i cosiddetti lavoratori a reddito fisso (e -si fa per dire- “garantito”)
Infatti si favoleggia:
“Voi avete avuto TUTTO:
  • lavoro a tempo indeterminato,
  • retribuzioni a dir poco dignitose,
  • cassa integrazione,
  • articolo 18,
  • statuto dei lavoratori,
  • sostanziale illicenziabilità,
  • scala mobile,
  • assegni familiari,
  • pensioni calcolate con il metodo retributivo,
  • baby-pensioni,
  • pensioni d’anzianità a 50 anni,
  • sostanziose liquidazioni,
  • assistenza sanitaria gratuita,
  • equo canone,
  • tariffe basse,
  • niente ICI,
  • possibilità di comprar casa senza tirare la cinghia,
  • ferie e assenze per malattia retribuite,
  • permessi vari retribuiti,
  • sindacati che facevano più i vostri interessi e meno politica,
  • confindustriali arrendevoli,
  • e inoltre tanta sicurezza, sicurezza, sicurezza...
Non consideriamo poi il secondo o terzo lavoro in nero, le alte cedole sui titoli, eccetera."
Vero (o quasi) ma, a parte il fatto che certi benefici (quelli sociali, intendo) non ce li siamo conquistati solo sindacalmente, ma anche convivendo con un’inflazione a due cifre, con ripetute svalutazioni della lira, con svariati shock petroliferi, con vertiginosi e non sempre giustificati aumenti dei prezzi, con il nostro lavoro (spesso unica nostra vera ricchezza).
Inoltre (tranne quelli di famiglia benestante) mai abbiamo aspirato a:
  • possedere fuoristrada da sostituire come fossero calzini (massima nostra meta l'"Alfetta" metallizzata),
  • villeggiare alle Maldive come si trattasse di Viserbella,
  • acquistare capi che costano come sei stipendi d’un bancario,
  • mettere al polso Rolex d'oro a carica automatica,
  • esibire videofonini e altri gadgets elettronici a iosa,
  • cenare in ristoranti a cinque stelle come fossero trattorie fuori porta...
  • e via "sbulaccando".
Questo tanto per puntualizzare.
Privilegiati noi? Ma vogliamo scherzare? Riflettiamo, piuttosto.
Adesso noi ci troviamo tra incudine e martello, come si suole dire: infatti, con i nostri emolumenti “privilegiati”, da un lato dobbiamo provvedere a genitori i quali, grazie a Dio e ai progressi nella geriatria, potrebbero vivere sino alla soglia del secolo, ma che, grazie alla Previdenza Sociale (la quale elargisce loro le pensioni che sappiamo), non riuscirebbero a sopravvivere se noi non li finanziassimo; dall’altro dobbiamo mantenere figli ultratrentenni, i quali, grazie a politiche salariali indegne d’un paese che si vanta d'essere un “grande e ricco” paese del primo mondo, non riescono farcela con i propri mezzi.
E sorvoliamo su quelli di noi che debbono badare pure ai nipotini.
Forse abbiamo avuto TUTTO ma, se non si mette mano ad autentiche riforme, presto, certamente, non avremo PIÙ NULLA e, con noi, i nostri genitori (privati d’una dignitosa vecchiaia) e i nostri figli (privati del loro futuro).
Quanto ai nipotini, “Noi [almeno si spera] non ci saremo”, come cantavano i Nomadi nei “favolosi” anni ‘60.
Sintetizzando brutalmente: tre o quattro generazioni di lavoratori sono a rischio povertà, milioni di “borghesi” sono a rischio povertà (I signori paleocomunisti sono contenti? Finalmente gli odiati "borghesi" sono fottuti).
Comunque vada, non basteranno a restituirci l’ottimismo né le battutine di certi attempati signori, genere “gagà-che-aveva-detto-agli-amici”, né gli incomprensibili borbottii di certi professori soprannominati con il vocabolo che designa un gustoso insaccato.

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