giovedì 29 novembre 2007

Considerazioni (personalissime) sugli Arabi

Ho recentemente rivisto “Il fiore delle Mille e una notte”; ebbene, non so quanto Pasolini si sia attenuto al testo originale, ma l’impressione sugli Arabi ricavabile dal film è che, ai tempi di Harun-Al-Rashid, si trattasse di un’etnia tutt’altro che intollerante, violenta, bigotta, sessuofoba, inaffidabile e masochisticamente fatalista (quale, salvo eccezioni, m’appare oggi) e ciò risulta confermato anche da storici degni di questo nome.
Del resto è noto quanto il califfato di Cordoba sia stato un faro di cultura nell’Europa dei secoli bui e basta visitare l’Andalusia per convincersene. Perché dunque, dopo la “Reconquista”, gli Arabi hanno conosciuto un declino, un’involuzione da cui non riescono tuttora a risollevarsi? (O, forse, non hanno voglia di farlo)?
Secondo me una delle ragioni è perché, del Corano, alla gran massa venne e viene propinata solo la parte peggiore, se non un’immagine distorta (come accadde, del resto, anche per le nostre Scritture).
Ho inoltre il sospetto che, in larghi strati delle masse arabe, l’umiliazione della “Reconquista” non sia stata ancora assimilata e che, nelle “madrasse”, taluni pretacci oscurantisti, barbuti e inturbantati non si limitino solo a spiegare che “Allah è grande”, ma da secoli inculchino nelle giovani menti loro affidate, il germe del revanscismo più oltranzista (d’accordo, anche i fascistelli nostrani non si sono ancora rassegnati alla sconfitta, ma, vivaddio, sono passati solo sessant’anni, non ottocento!)
Il colonialismo ha poi completato la frittata, soprattutto quello franco/inglese; mi risulta infatti che, non per nulla, il Duce e il Führer godessero di grande popolarità tra le masse arabe, e questo la dice lunga.
Perciò ritengo che, al di là di talune incontinenze verbali, la Fallaci avesse ragione: il conflitto di civiltà è in atto o, quantomeno, il rischio che esploda è reale e da non sottovalutare, tanto più che l’Islam viene usato come mezzo per veicolare intolleranza e oscurantismo dagli Arabi verso altre etnie seguaci della stessa religione.

giovedì 15 novembre 2007

Il comunismo è morto

Non nutro alcun dubbio, fino a prova contraria, circa il fatto che il comunismo è morto.
Quanto a una certa “mentalità bolscevizzante" che, secondo alcuni agit-prop berlusconisti, sopravvivrebbe tuttora, gli unici rappresentanti che vedo sono, oltre a qualche politicante in cerca di visibilità, alcuni sparuti manipoli di squatters piantagrane, inconcludenti e perdigiorno, i quali contano meno di niente (se non per Fede, al quale sono funzionali onde render verosimile l’abusato stereotipo dei comunisti “brutti, sporchi e cattivi”).
Peraltro anche a destra vedo (e li vedo coi miei occhi, alcuni li conosco personalmente: la mia bella città è stata, per cinque lunghi anni, malgovernata da una giunta destrorsa) gente ideologicamente antitetica, ma intellettualmente, eticamente e antropologicamente affine alla summenzionata ciurmaglia, solo che questi soggetti hanno la scaltrezza d’adottare abbigliamenti e comportamenti da cicisbei, il che conferisce loro un “look” tanto perbenista quanto caro alle tardone preda di senili prurigini per il Cavaliere.

mercoledì 14 novembre 2007

Liber[al]ismo

Se la sinistra italiana mi sembra un bordello, la destra italiana mi sembra una discarica (mi riferisco ai rappresentanti non ai rappresentati, tra cui esiste gente degna di rispetto).
Orbene, pur ammettendo che nelle discariche spesso finiscono oggetti non meritevoli di finirvi, scelgo il bordello, visto che proprio sono costretto a farlo, se non altro puzza meno, ci si diverte e s’incontrano persone di scarsa virtù, quindi assai piacevoli da frequentarsi.
Scherzi a parte, la sinistra ha un merito: almeno a parole non considera il liberismo panacea d'ogni male. Perché questo è il peccato originale di certa destra, ancor più del criptofascismo. Con la semplice eliminazione di due lettere (AL) il liberismo intende astutamente scippare al liber[al]ismo il carisma conquistato in due secoli di lotte.
Ma io non casco nel tranello; il liberalismo è un’idea condivisibile, il liberismo invece è un termine ambiguo sotto cui spesso si nasconde il più becero veterocapitalismo o, peggio, la vecchia, insaziabile, devastante, multimillenaria “logica del profitto”.

martedì 13 novembre 2007

CVD

Come volevasi dimostrare.
In riferimento al post precedente leggo sul "Corriere della Sera" del 131107, alla pag. 12
Berlusconi "ospite" di Storace. Gli ebrei: errore. Lui si scusa.
Ogni commento è superfluo.

lunedì 12 novembre 2007

La maschera è stata gettata?

Il "Capataz" della destra nazionale non ha mai perso occasione d’ostentare il suo anti-antifascismo.
In proposito, rammento la vecchia regola algebrica dei segni: “meno per meno dà più”; se comunque v'erano ancora dubbi, con la sua partecipazione alla kermesse de “La Destra”, il nostro ha sostanzialmente apposto (ammesso ve ne fosse bisogno) la firma su una dichiarazione ufficiale: “Io sono fascista”... Un momento, rettifico, la dichiarazione corretta sarebbe "Io mi sento fascista", infatti il Nostro non si sogna mai di "essere" (per "essere" occorre una marcia in più), tutt'al più "si sente".
Del resto quando, anni orsono, la destra (con Forza Italia in testa) conquistò la mia città, alla festa per la vittoria fecero bella mostra di sé crani rasati, giubbotti neri, croci celtiche e vario canagliume nazistoide, senza che nessuno degli appartenenti ad altri movimenti (democratici?) presenti alla festa si sognasse di cacciare quei pitecantropi a calci nel didietro.
Comunque anche nelle manifestazioni (domanda retorica: pagate da chi?) contro i vari governi di centro-sinistra i pitecantropi neri hanno sempre trovato ottima accoglienza.
Concludo con la seguente citazione:
“Il fascismo non fa paura se non quando è troppo tardi per venirne fuori”
LUCIANO CANFORA (dal “Corriere della Sera”)

domenica 11 novembre 2007

Economista? Và avanti tu che a me viene da ridere

Non ho fiducia negli economisti e ne spiego uno dei motivi. Essendo l’Economia disciplina parzialmente supportata da strumenti matematici, questi “Soloni della pecunia (nostra)” la gabellano per scienza esatta.
Eh nò, cari signori, la scienza esatta è cosa diversa: la stessa Matematica non è scienza del tutto esatta, e parlo con cognizione di causa.
Se l’Economia fosse scienza esatta ogni buon economista potrebbe consentirsi d’assumere come lustrascarpe il sultano del Brunei.
Gli economisti, tra l'altro, forniscono lo spunto per un singolare parallelo coi sismologi, i quali sanno illustrare per filo e per segno un fenomeno quando questo ha già fatto migliaia di morti; ce ne fosse uno, dico uno, capace di prevederlo; ma la sismologia non è scienza esatta e i sismologi, correttamente, lo riconoscono, il che gli economisti non fanno nei confronti della loro disciplina, anzi...
In tutta franchezza, la tradizionale “casalinga di Voghera”, quella che stenta ad arrivare a fine mese, penso sia un’esperto d’economia più affidabile di tanti "sapienti".
Comunque così vanno le cose.
Chiudo l’argomento parafrasando quel gerarca nazista che dichiarava: “quando sento parlare un intellettuale, la mano corre istintivamente alla pistola”; ebbene, il sottoscritto dichiara: “quando sento parlare un economista, la mano corre istintivamente alla tasca... per vedere se il portafogli c’è ancora ”.

sabato 10 novembre 2007

Pensierino notturno

La vita è come un viaggio in mongolfiera: più ti alzi e più zavorra scarichi.

venerdì 9 novembre 2007

Una generazione privilegiata?

Circola una leggenda metropolitana circa la mia generazione, quella di coloro i quali, grosso modo, raggiunsero la maggiore età durante i “favolosi” anni ’60 e riuscirono a inserirsi tra i cosiddetti lavoratori a reddito fisso (e -si fa per dire- “garantito”)
Infatti si favoleggia:
“Voi avete avuto TUTTO:
  • lavoro a tempo indeterminato,
  • retribuzioni a dir poco dignitose,
  • cassa integrazione,
  • articolo 18,
  • statuto dei lavoratori,
  • sostanziale illicenziabilità,
  • scala mobile,
  • assegni familiari,
  • pensioni calcolate con il metodo retributivo,
  • baby-pensioni,
  • pensioni d’anzianità a 50 anni,
  • sostanziose liquidazioni,
  • assistenza sanitaria gratuita,
  • equo canone,
  • tariffe basse,
  • niente ICI,
  • possibilità di comprar casa senza tirare la cinghia,
  • ferie e assenze per malattia retribuite,
  • permessi vari retribuiti,
  • sindacati che facevano più i vostri interessi e meno politica,
  • confindustriali arrendevoli,
  • e inoltre tanta sicurezza, sicurezza, sicurezza...
Non consideriamo poi il secondo o terzo lavoro in nero, le alte cedole sui titoli, eccetera."
Vero (o quasi) ma, a parte il fatto che certi benefici (quelli sociali, intendo) non ce li siamo conquistati solo sindacalmente, ma anche convivendo con un’inflazione a due cifre, con ripetute svalutazioni della lira, con svariati shock petroliferi, con vertiginosi e non sempre giustificati aumenti dei prezzi, con il nostro lavoro (spesso unica nostra vera ricchezza).
Inoltre (tranne quelli di famiglia benestante) mai abbiamo aspirato a:
  • possedere fuoristrada da sostituire come fossero calzini (massima nostra meta l'"Alfetta" metallizzata),
  • villeggiare alle Maldive come si trattasse di Viserbella,
  • acquistare capi che costano come sei stipendi d’un bancario,
  • mettere al polso Rolex d'oro a carica automatica,
  • esibire videofonini e altri gadgets elettronici a iosa,
  • cenare in ristoranti a cinque stelle come fossero trattorie fuori porta...
  • e via "sbulaccando".
Questo tanto per puntualizzare.
Privilegiati noi? Ma vogliamo scherzare? Riflettiamo, piuttosto.
Adesso noi ci troviamo tra incudine e martello, come si suole dire: infatti, con i nostri emolumenti “privilegiati”, da un lato dobbiamo provvedere a genitori i quali, grazie a Dio e ai progressi nella geriatria, potrebbero vivere sino alla soglia del secolo, ma che, grazie alla Previdenza Sociale (la quale elargisce loro le pensioni che sappiamo), non riuscirebbero a sopravvivere se noi non li finanziassimo; dall’altro dobbiamo mantenere figli ultratrentenni, i quali, grazie a politiche salariali indegne d’un paese che si vanta d'essere un “grande e ricco” paese del primo mondo, non riescono farcela con i propri mezzi.
E sorvoliamo su quelli di noi che debbono badare pure ai nipotini.
Forse abbiamo avuto TUTTO ma, se non si mette mano ad autentiche riforme, presto, certamente, non avremo PIÙ NULLA e, con noi, i nostri genitori (privati d’una dignitosa vecchiaia) e i nostri figli (privati del loro futuro).
Quanto ai nipotini, “Noi [almeno si spera] non ci saremo”, come cantavano i Nomadi nei “favolosi” anni ‘60.
Sintetizzando brutalmente: tre o quattro generazioni di lavoratori sono a rischio povertà, milioni di “borghesi” sono a rischio povertà (I signori paleocomunisti sono contenti? Finalmente gli odiati "borghesi" sono fottuti).
Comunque vada, non basteranno a restituirci l’ottimismo né le battutine di certi attempati signori, genere “gagà-che-aveva-detto-agli-amici”, né gli incomprensibili borbottii di certi professori soprannominati con il vocabolo che designa un gustoso insaccato.

Una variabile indipendente

Correvano gli anni 70 quando l'allora segretario della CGIL, la buonanima di Luciano Lama, lanciava la proposta di considerare i salari come "variabile indipendente" nei processi economici. Giusta fu allora la levata di scudi contro una proposta palesemente aberrante (tant'è che lo stesso Lama fece poi onorevole ammenda). Però non si capisce perché lo stesso principio non debba valere anche per i profitti; in altri termini qualcuno dovrebbe spiegare perché, anche in periodo di crisi, i profitti continuino ad aumentare, mentre i salari diminuiscono.

Una funesta conseguenza del comunismo

Una delle più funeste conseguenze del comunismo è che, con la sua caduta, certi loschi arnesi, la cui unica preoccupazione era (ripeto era) quella di vedersi fottere dai "rossi" i loro malguadagnati quattrini, adesso possano erigersi a paladini delle libertà, mentre l'unica libertà che preme loro è quella di poter continuare ad infilare le mani nelle tasche di chi lavora onestamente.

Una domanda

Una domanda: perché il ricco che fa i suoi interessi viene definito "abile uomo d'affari", mentre il povero che tenta di fare i suoi (senza riuscirci, altrimenti non sarebbe povero) viene definito "comunista"?

Difensori della vita

Tra i cosiddetti difensori della vita esistono due scuole di pensiero:
  • la prima si preoccupa della vita di bestie, vegetali, ecc. non curandosi per contro di quella dei feti (umani, s' intende; per quelli -che so io- di foca monaca è diverso);
  • la seconda, invece, si preoccupa esclusivamente della vita dei feti umani non curandosi per contro di quella di negri, ebrei, comunisti, immigrati e altri soggetti viventi che, secondo i seguaci di detta scuola, non appartengono alla specie umana.

lunedì 5 novembre 2007

Doveroso chiarimento

Visitando questo blog qualcuno potrebbe muovermi un'obiezione: "tu spari bordate contro la destra ma come la metti con i comunisti?"
Primo: io non sparo bordate contro la destra tout-court, ma solo contro una certa destra oggigiorno prevalente, e non solo in Italia; penso peraltro che, anche a sinistra, non vi sia molto di meglio.
Secondo: per quanto riguarda i comunisti mi limito a citare il vecchio adagio secondo cui la via dell'inferno è lastricata di buone intenzioni e a incazzarmi quando qualche taleban-berlusconista considera comunisti quelli che non la pensano come lui (conosco dei berlusconisti moderati con cui si può ragionare; il guaio è che chi gioca a fare l'estremista mi pare proprio LUI, il loro "Capataz", e lo fa troppo spesso)
Per me l'ideale sarebbe una democrazia dell'alternanza tra una grande forza socialdemocratica e una grande forza democonservatrice, pronte a battersi fieramente sul piano politico (e propagandistico) ma non meno pronte ad accordarsi quando c'è di mezzo l'interesse del Paese; da noi invece invece si starnazza come anatre e poi, dietro le quinte, si studiano sempre nuove "camarille".
Che la mia non sia un'utopia stanno a dimostrarlo molti altri stati dell'UE; lo è purtroppo in un'Italia in nella quale Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, Fascisti veri e sedicenti Antifascisti, politici e antipolitici sono sempre pronti a scannarsi, verbalmente per fortuna.

venerdì 2 novembre 2007

Sbirri nelle fiction e nella realtà

Qualcosa non mi quadra.
Rispetto ad altri paesi l'Italia ha un elevatissimo numero di componenti le forze dell'ordine eppure i malviventi di tutte le etnie, a cominciare dalla nostra, hanno agio di farvi i comodacci loro.
Come mai?
D'accordo, le risposte sono molte:
  • l'ipergarantismo applicato a pioggia, il quale vanifica spesso l'azione delle forze dell'ordine;
  • lo spropositato numero di scorte a gente che conta o che conta molto meno ma fa tanto persona che conta avere la scorta personale;
  • il gran numero d'imboscati (spesso, ammettiamolo, per motivi di salute o d'età) nelle varie questure, prefetture, distretti, caserme e via discorrendo;
  • il lassismo dilagante in ogni settore della società;
  • le mafie che prevaricano lo Stato in gran parte d'Italia e contro cui le varie azioni repressive non sono mai sufficienti;
  • eccetera.
Però v'è un aspetto su cui gradirei soffermarmi e gradirei sapere se il mio è solo un sospetto (a pensar male... con quel che segue).
Il punto è questo: da che mondo è mondo gli "sbirri corrotti" sono sempre esistiti ed esistono tuttora; orbene, possibile che in un paese come il nostro, ad altissimo indice di corruzione, gli sbirri siano sempre e comunque i gentiluomini che ci vengono presentati nelle varie fiction televisive? In altri termini mi chiedo se sia poi vero che nessun componente le forze dell'ordine prende mazzette per chiudere un occhio, o magari tutti e due, e quindi favorire il dilagare della malavita.
Sono certo che, se una simile domanda cominciasse a circolare, si leverebbe un coro di proteste non solo da parte di politicanti d'ogni risma, pennivendoli, commentatori televisivi, preti prezzemolini, ex ministri con problemi tiroidei, presidenti emeriti e gente simile, sempre pronti a tuonare sull'"onorabilità dei nostri eroici... bla, bla, bla", ma anche da parte di quei cittadini sempliciotti che, secondo i sondaggi, ritengono le forze dell'ordine al primo posto tra le istituzioni più affidabili.
Chi scrive non condivide certe acritiche prese di posizione e ritiene interesse delle stesse forze dell'ordine che si cominci - se esistono e se non dormono - a far lavorare quelli che, nei telefilm americani, vengono deminati gli uomini degli "Affari Interni".
Purtoppo, in uno stato dove il "Porto delle nebbie" è una delle ambientazioni preferite, non salterà fuori molto, ma tentar non nuoce.

giovedì 1 novembre 2007

Commento al decreto sui Rom(eni)

"Meglio tardi che mai" verrebbe voglia di dire.
Stavolta quei [censura] della sinistra radicale (tranne i soliti scalzacani "disubbidienti") hanno protestato blandamente e si sono soprattutto limitati a una raccomandazione: quella di non fare d'ogni erba un fascio.
Non c'è problema: noi moderati, a qualunque schieramento apparteniamo, non siamo soliti generalizzare, la nostra etica lo impedisce.
Solo i fascisti d'ogni colore fanno d'ogni erba un fascio (per questo si chiamano fascisti).
Non per nulla i fascisti di destra (neri, verdi, bianchi o azzurri) gratificano con il termine "comunista", senza troppi distinguo, chiunque non sia della loro opinione; i fascisti di sinistra, dal canto loro, usano lo stesso tono salvo che il termine è "fascista".
La differenza - molto pericolosa per la democrazia - è che i secondi non hanno i numeri per fare un beato piffero; invece i primi i numeri li hanno, e anche importanti. Se però i secondi avessero i numeri per fare più d'un beato piffero, idem con patate... E mi scuso per il discorso incasinato.
Noi cittadini onesti e moderati possiamo solo aspettare che il tempo faccia il suo corso e restare seduti sulla riva del fiume: prima o poi vedremo galleggiare qualche cadavere e stapperemo una bottiglia di champagne.
Tornando al tema mi limito a un'esortazione: chi ha certe responsabilità si dia da fare! E alla svelta. Nessuno, di destra o di sinistra che sia, è più disposto ad attendere.
P.S. - Qualcuno, leggendo i "post" passati e futuri, obietterà: "e tu ti dici moderato? Ma fammi il piacere!" Il fatto è, caro qualcuno, che anche noi moderati, talvolta, abbiamo il vizio d'incazzarci; io poi non ce l'ho solo talvolta ma spesso, sempre più spesso.