mercoledì 24 ottobre 2007

Nel quarantennale del Che

Ricordo che, nel 1987, ventennale della morte di Che Guevara, anche parecchi esponenti della destra d'allora (altri tempi!) espressero giudizi positivi sulla figura del Comandante; non ho difficoltà a riconoscere la buona fede di tali giudizi perché alcuni aspetti della figura erano apprezzati anche a destra: l'amore per la sfida e l'avventura, un certo velleitarismo eroico, la voglia di fare, il populismo rivoluzionario, eccetera.
Oggigiorno, a destra, niente di tutto ciò.
La destra d'oggigiorno è una destra permeata di neofascismo forse più d'allora, eppure anarcoide.
E' una destra superficiale, bugiarda, caciarona, egoista, pacchiana, pescivendola, avida, grossolana, consumista e scalzacani a un tempo, priva del minimo senso dello stato, della responsabilità, dell'onore.
E' la destra dei SUV neri pagati impegnandosi anche la camicia, dei "lounge bar" frequentati da fichetti dall'incerto mestiere e da smutandate aspiranti letterine, dei fascistelli da discoteca strafatti di coca, delle autoreggenti, della curva sud, dei tacchi a spillo, del vuoto morale, intellettuale e cerebrale.
E' la destra che vorrebbe apparire gioiosa e brillante e accusa la sinistra di musoneria mentre in realtà è infelice, malmostosa e frustrata perché, al di là del suo insaziabile arrivismo, c'è il nulla.
E' la destra della battutaccia veterogoliardica, dell'invettiva da "Bar Sport", dell'acrimonia gabellata per satira, di chi non sa, per motivi genetici, cosa significhi "ironico distacco".
Quando si parla del Comandante, questa destra si limita a inveire contro i ragazzini con la maglietta del Che (i quali manco sanno chi fosse ma fa tanto trendy), a vomitare insulti e calunnie contro un morto, a invelenirsi per il fatto che il Comandante gode ancora d'una certa popolarità e non si pone una domanda facile facile (anche perché loro domande non se ne pongono, loro hanno solo certezze... sì, quelle del loro Capataz).
"Perché il Comandante gode ancora di questa popolarità?"
E vabbe', poveretti, diamo loro una mano.
La risposta è semplice, ma loro non ci arrivano, non ce la possono fare: "perché il Comandante, per molti (anche per chi non condivise la sua ideologia), incarna un sentimento che voi non sapete manco dove stia di casa, la generosità fino al sacrificio di sé stesso."
Fu vera generosità o solo smodata ambizione condita con una buona dose di sterile donchisciottismo e d'insensata violenza?
Conta poco, il fatto è che il mito resiste ed è difficile da sfatare.
Però sono generoso anch'io e voglio dare loro un suggerimento.
Invece di ragliare invettive ai quattro venti, quando si parla di Che Guevara quei destrorsi da salotto buono dicano semplicemente:
"La fortuna del Comandante, ragazzi, fu quella di morire giovane, carismatico e bello [loro che badano tanto all'immagine almeno questo lo dovrebbero capire]. Se non l'avessero accoppato si sarebbe fatto un po' di galera in qualche carcere boliviano circondato dall' affettuosa attenzione dei media, poi, in seguito a trattative più o meno chiare, sarebbe stato rilasciato e se ne sarebbe rientrato a Cuba dove adesso sarebbe un anziano gerarca mantenuto dal regime, tronfio, imbolsito, dimenticato; oppure sarebbe tornato in Argentina dove avrebbe aperto uno studio dentistico e, con ogni probabilità, avrebbe gettato alle ortiche il marxismo e lavorerebbe in nero."

Nessun commento: