domenica 25 maggio 2008

A proposito di vetture ibride

Premetto che questa, più che un’invenzione vera e propria, vuole essere una riflessione riguardante dispositivi già esistenti e sperimentati, senza successo, su autovetture.
Seguo tuttora con un certo interesse il mercato dell’auto e mi capita spesso di pensare che l’attuale offerta (al di là d’una certa "esagerazione" in fatto di meccanica e d’ingombri e d’un eccesso di gadgets elettronici) non presenti innovazioni tecniche di rilievo, se si eccettuano le cosiddette “vetture ibride”, tuttavia, anche in questa innovazione, ravviso incongruenze che potrebbero pregiudicare il successo d’una proposta che, ribadisco, ritengo assai interessante.
In primo luogo la vettura ibrida è, per l’appunto... ibrida, funziona cioè grazie alla sinergia tra un motore a combustione interna e uno o più motori elettrici alimentati da accumulatori ricaricati dal primo e con esso “collaboranti”.
Orbene, la gestione di questo sistema è affidata, oltreché a complessi sistemi di trasmissione, a un’elettronica assai sofisticata con tutte le conseguenze del caso; non per nulla circolano numerose “leggende (?) metropolitane” circa le amarezze cagionate all’utente dall’eccesso di elettronica applicata all’autotrazione per cui non pochi utenti gradirebbero un ritorno a una maggiore “semplicità”.
La mia riflessione a riguardo è la seguente: almeno per vetture economiche la trazione andrebbe affidata esclusivamente al motore elettrico e il motore a combustione interna andrebbe usato esclusivamente per la ricarica degli accumulatori, regolandolo su un numero di giri costante e tale da garantire rendimento ottimale, basso consumo ed emissioni minime. Un siffatto sistema non richiede né hardware né software, né sistemi di trasmissione troppo sofisticati.
In secondo luogo sottolineo l’uso del termine “a combustione interna”, anziché del termine “a scoppio”. Tale uso non è casuale, infatti mi chiedo: possibile che, tra tante “meraviglie” tecnologiche, alla fin fine tutto debba dipendere da un marchingegno ideato un secolo e mezzo fa? Un marchingegno meccanicamente complesso in quanto deputato a trasformare un moto rettilineo in moto rotatorio (fatto che, già di per sé, comporta notevoli attriti)? Un marchingegno che, per funzionare, necessita di complessi sistemi di lubrificazione, di raffreddamento, d’alimentazione, di distribuzione, d’iniezione, di filtraggio, di silenziamento, di tenuta e via dicendo? Un marchingegno intrinsecamente rumoroso (mi perdonino i fans del “ruggito” di certe vetture) e fonte di vibrazioni solo parzialmente eliminabili? Un marchingegno per il quale, anche da un punto di vista “semantico”, viene usata una terminologia che fa pensare a un qualcosa che si autodistrugge? Il termine “scoppio” infatti è spesso sinonimo di “distruzione” e, in fondo, comunque la si metta, un motore a scoppio tende un po’ ad autodistruggersi a ogni combustione: è proprio della sua struttura e del suo funzionamento.
Sulla base di quanto esposto ecco dunque la mia seconda riflessione: un motore rotativo non presenta molti dei problemi tipici del motore alternativo. Un motore elettrico, per esempio, ha l’unico punto meccanicamente critico nei cuscinetti però, per evitare guai, è sufficiente curarne la lubrificazione (molto più elementare che in un motore a scoppio) e, comunque, la sostituzione è semplice.
Tuttavia la trazione elettrica non consente sufficiente autonomia, da qui la necessità d’un motore a combustione interna per la ricarica degli accumulatori.
E questo è il punto cui volevo arrivare: per la ricarica non si potrebbe utilizzare una turbina a gas?
Tale dispositivo, in passato, fu sperimentato come motrice per autoveicoli e rammento che la FIAT, nei primi anni 50, realizzò una vettura sperimentale a turbina. La cosa non ebbe seguito, in quanto la turbina a gas è caratterizzata da un comportamento ancor meno “elastico” del motore alternativo, tanto da renderla poco compatibile con le esigenze dell’autotrazione.
Ma, ecco il nocciolo della questione, il motore elettrico possiede quell’”elasticità” di cui, appunto, è carente il turbogas, il cui impiego dovrebbe limitarsi alla ricarica degli accumulatori, sempre, s’intende, regolandolo su un numero di giri costante e tale da garantire rendimento ottimale ed emissioni minime.
Con queste condizioni di funzionamento sarebbe possibile realizzare un’unità relativamente semplice, compatta, poco rumorosa, di facile gestione e manutenzione e in grado, con opportuni accorgimenti, d’usare un’ampia gamma di combustibili.
Ignoro quali problemi tale tipo di unità porrebbe sul piano produttivo ma un turbogas, strutturalmente, non è molto diverso da un turbocompressore, dispositivo che ormai ha raggiunto alti livelli di affidabilità; del resto, solo un quarto di secolo fa, pochi avrebbero immaginato che tale dispositivo sarebbe stato applicato anche alle utilitarie e a prezzi più che abbordabili, per cui mi chiedo se la tecnologia che ha consentito di diffondere il turbocompressore non potrebbe, con gli opportuni adattamenti, adattarsi anche al turbogas.
Rimarrebbe un problema: la turbina d’un turbogas deve sopportare temperature superiori a quelle presenti in un turbocompressore, da qui l’uso di materiali più resistenti al calore e quindi più costosi; credo tuttavia che un’ampia diffusione del dispositivo consentirebbe di abbattere i costi.

4 commenti:

Davide ha detto...

Se chi ha buona manualità riesce, lavorando in garage, a costruire un turbogas partendo da un turbocompressore, direi che le case automobilistiche avrebbero qualche possibilità in più di sviluppare il concetto...
Sembra impossibile, ma non lo è...

http://it.youtube.com/watch?v=2WrTnP_Tk8k

http://www.rcdon.com/html/gr-7_turbojet_engine_project.html

mezzotoscano ha detto...

Ringrazio Davide per l'informazione la quale, se non altro a livello hobbistico, dimostra quanto pensavo e cioè che, volendo, è possibile costruire un turbogas sfruttando la tecnologia dei turbocompressori.
Tra l'altro credo che un turbogas possa utilizzare diversi tipi di combustibile (idrogeno compreso), ossia possa ritenersi un vero e proprio motore policarburante, il che sarebbe un vantaggio non disprezzabile visti i tempi che corrono.

Davide ha detto...

Io sto costruendo un turbogas per hobby con un turbocompressore di camion,il lavoro va a rilento per via dei costi(e del fatto che voglio fare un lavoro inecepibile e perfetto)ma piano piano procede...
I turbogas funzionano con qualsiasi cosa che bruci (anche a legna, c'è un video su internet :D ) ma per ogni tipo di combustibile ci vuole una camera di combustione specifica o quasi...Quella che può andare bene per bruciare benzina, gasolio o kerosene non va bene per i gas,o per eventuali combustibili solidi...

mezzotoscano ha detto...

Ringrazio nuovamente Davide per l'ulteriore precisazione e gli chiedo di scusare la mia ignoranza.
Il turbogas, ho imparato, non può essere policarburante però è comunque in grado di utilizzare combustibili, per così dire, "vili" e questo mi sembra un vantaggio.
C'è poi un altro problema che ignoro, quello dell'ingombro: a parità di potenza un turbogas (con relativo riduttore) è meno ingombrante d'un motore alternativo?